Quello che noi chiamiamo "luce" e in particolare "colori" sono in realtà “radiazione” elettromagnetica o, per dirlo con parole meno datate, il risultato dell’interazione di un campo elettromagnetico di ben definita frequenza con il sistema visivo umano.
Vediamo di spiegarci meglio. La luce è soltanto un pezzettino abbastanza piccolo dell’intero campo di frequenze elettromagnetiche. Queste vanno dalle frequenze più grandi, le più energetiche, che coprono i campi dei raggi gamma e X, a quelle meno energetiche, di frequenza più piccola, come le onde radio o televisive.
Soltanto un ben definito range di frequenze, che vanno dal vicino ultravioletto al vicino infrarosso, riescono a interagire con il sistema visivo umano dando la sensazione della luce.
Si badi che i recettori ottici sono nell’occhio mentre l’elaborazione finale, con la sensazione della luce avviene nel cervello, precisamente nella parte posteriore di questo, dove vengono elaborati i segnali elettrici provenienti dagli occhi.
All’interno di quel range di frequenze quindi c’è visione della luce e a seconda della frequenza si avranno le visioni dei vari colori.
A frequenze più piccole (maggiore energia) avremo la visione di colori violetti, blu e azzurri mentre a frequenze più piccole (minore energia) avremo la visione dei colori arancione e rosso. Nel mezzo di quel range vedremo verdi e gialli, con tutte le sfumature che conosciamo.
Questo per quanto riguarda lo strumento della visione. Ma perché vari oggetti sono di colore diverso? Perché mandano all’occhio colori diversi pur essendo colpiti da luce dello stesso colore?
Ammettiamo per semplicità che la fonte luminosa sia il Sole, quella più comune ma la stessa cosa vale anche per lampadine di luce bianca di vario tipo. Insomma la luce parte bianca, colpisce un oggetto e rimbalza da questo oggetto con un colore ben definito, rosso, verde, giallo e così via.
Il colore degli oggetti è il risultato dell’interazione fra la radiazione elettromagnetica e la materia di cui quell’oggetto è composto. E infatti la comprensione di questo meccanismo è abbastanza recente in quanto si è dovuto aspettare non solo che si definisse cosa è la radiazione elettromagnetica, di cui come detto la luce è una piccola porzione, ma anche cosa sono, come sono intimamente fatti i materiali e, in ultima analisi, come funzionano atomi e molecole.
In pratica si è dovuto attendere che nascesse la fisica quantistica. Ovviamente qui cercheremo di semplificare al massimo le cose per far capire la qualità dei fenomeni, senza perderci in formule ed esercizi quantitativi (pur necessari tuttavia per capire davvero come stanno le cose).
La materia, i materiali, in generali sono costituiti da aggregazioni di molecole o atomi tenuti insieme da forze di cui non ci occuperemo. Atomi o molecole isolate infatti esistono soltanto in teoria o in particolari condizioni, come per esempio in forma gassosa estremamente diluita.
Comunque sia le proprietà responsabili dei colori dipendono in minor parte da come atomi e molecole sono aggregati e molto di più da come sono fatte singolarmente, per cui in primissima approssimaizone potremmo pensare ai materiali come agli atomi o alle molecole che li costituiscono, anche se poi, per capire veramente perché un singolo materiale è di quel colore, spesso occorre tener presente anche quei legami che legano assieme atomi e molecole fra di loro.
Per dirla in maniera molto ma molto semplificata, gli atomi e le molecole possono essere pensati, da un punto di vista energetico, come delle strutture a scale, con gli elettroni disposti sui singoli gradini, considerando che non ci possono stare più di due elettroni per gradino.
Non tutti i gradini hanno la stessa altezza (sarebbero infatti scale pericolosissime se dovessimo salirci a piedi!) e maggiore è l’altezza dello scalino, quella che separa due diversi piani su cui sono gli elettroni, maggiore è l’energia che serve per far passare un elettrone da quello sotto a quello sopra, ovvero l’energia che devo fornirgli per saltare sul gradino superiore e quindi maggiore è l’energia che lo stesso elettrone perde quando salta dal gradino superiore quello inferiore. L’energia che fa saltare gli elettroni da un gradino all’altro è in genere energia elettromagnetica.
Quindi più sono distanziati due gradini, maggiore energia serve per far saltare un elettrone dal gradino inferiore a quello superiore e maggiore energia rilascia quell’elettrone quando al contrario salta dal gradino superiore a quello inferiore.
Poiché abbiamo già visto che maggiore è l’energia di una radiazione elettromagnetica, più il colore di quella radiazione si sposta verso il blu, vuol dire che più è alto il gradino più devo usare luce blu per far saltare un elettrone verso l’alto ovvero, al contrario, che quando l’elettrone salta dal gradino superiore a quello inferiore esso emette radiazione di colore azzurro.
Viceversa se il salto è più basso servirà una luce rossa a farlo saltare sopra ovvero esso emetterà luce rossa quando scenderà dal gradino superiore a quello inferiore.
Ogni atomo ed ogni molecola hanno una particolare struttura della scala energetica e quindi quando i loro elettroni salteranno dall’alto verso il basso emetteranno luce di diverso colore.
Questo è il meccanismo che lega la materia alla luce.
Ma vediamo in pratica cosa succede. Se accendo il comune gas di cucina vedo una fiamma leggermente bluastra. Se avvicino a questa fiamma un granellino di comune sale da cucina, osserverò una bella fiamma gialla, di un giallo molto intenso.
Cosa è successo? È successo che l’energia della fiamma ha fatto saltare gli elettroni degli atomi di sodio (che costituiscono il cloruro di sodio del sale da cucina) verso i gradini superiori della scala energetica del sodio.
Bene. Ma dopo un po’ quegli stessi elettroni torneranno nel loro gradino di partenza, quello dove stanno più “comodi”. Saltando in basso emetteranno radiazione elettromagnetica di frequenza correlata all’altezza del gradino, nel caso del sodio quell’altezza corrisponde esattamente alla luce gialla che vediamo. Il sodio, dovunque esso si trovi, nel sudore delle vostre mani, nei cristalli di cloruro di sodio, in una lontana stella di un’altra galassia, quando i suoi elettroni stimolati a saltare nei livelli energetici più alti ritornano ai loro livelli energetici base, emettono quella particolare luce gialla.
Anzi questo è un modo precisissimo di riconoscere il sodio. Ma come mai non vedo il sodio o il cloruro di sodio giallo? Perché il salto, negli atomi, è in genere molto grande e serve pertanto molta energia per farlo saltare in alto e poi ritornare in basso, cosicché la semplice luce del Sole non ce la fa e il sodio non appare giallo.
Viceversa se fornisco agli atomi di sodio l’energia sufficiente con una fiamma, come abbiamo fatto prima, ecco che l’elettrone ce la fa a saltare in alto e quando ritorna al suo posto base in basso, emette la sua bella luce gialla. In realtà gli elettroni del sodio, come di tutti gli altri atomi, non fanno un unico salto, ma ne fanno molti e così in realtà, se andassimo a vedere con una lente, riuscendo a distinguere tutti i colori, esso ne emette parecchi, anche se il giallo è di gran lunga quello più importante tanto da coprire tutti gli altri.
Ma qui andremmo troppo sul complicato… Molecole più complesse, formate da molti atomi oppure molecole che contengono al loro interno atomi metallici, tipo ferro, cobalto, o altri, hanno bisogno di molta meno energia per far saltare i loro elettroni su livelli energetici superiori e così basta la luce bianca del Sole.
In questo modo, quando questi materiali sono esposti alla luce bianca del Sole, al loro interno avvengono molti salti elettronici e quando questi elettroni tornano ai loro livelli più stabili, essi emettono luce colorata.
Per questo molti materiali sono colorati.Da qui nasce il colore dei materiali.
Riepiloghiamo: la luce è una radiazione elettromagnetica. Un ben preciso range di frequenze, che va dal vicino infrarosso al vicino ultravioletto è quello che riesce ad interagire con il nostro sistema visivo, che ci dà una risposta colorata per ogni singola frequenza percepita: il blu per alte frequenze, il rosso per basse frequenze.
La luce bianca contiene tutte le frequenze: quando essa colpisce un materiale, spinge gli elettroni (in realtà non tutti ma solo quelli che riescono ad utilizzare quelle frequenze) a saltare su livelli energetici più alti.
Quando gli elettroni tornano ai loro livelli energetici di partenza, emettono luce di frequenza correlata all’altezza del salto che hanno compiuto. E quindi di un colore ben definito.
I materiali colorati possono essere distinti in due grandi categorie: quelli che contengono metalli al loro interno e che chiameremo organometallici (in genere il metallo occupa una posizione centrale circondato e tenuto da “leganti” organici ovvero molecole a base di carbonio) e quelli invece privi di metalli ma composti da varie molecole organiche (ovvero basate sul carbonio) in genere abbastanza complesse.
La complessità della struttura della stragrande maggioranza di materiali colorati (e coloranti) è dovuta al fatto che in queste complesse molecole i salti fra un livello energetico e l’altro sono relativamente piccoli, così che basta la luce del sole (o di una lampadina) a far saltare gli elettroni dai livelli più bassi a quelli più alti, in modo che poi, tornando ai loro livelli originari posti più in basso, emettano radiazione colorata visibile.
Gli atomi e le molecole semplici, invece, hanno salti molto grandi fra i loro livelli energetici e così quando i loro elettroni saltano assorbono prima ed emettono dopo radiazioni che non cadono nel range della luce visibile ed appaiono incolori.
Il magnesio, per esempio, è un metallo privo di colore specifico tanto che appare biancastro argenteo. Ma quando si lega a gruppi organici molto complessi esso impartisce a queste molecole il particolare colore verde delle clorofilla, delle foglie verdi, delle foreste d’estate.