Fibre di lana al microscopio. Ingrandimento di 200 volte
La lana era utilizzata nell’età del bronzo danese nelle abitazioni lacustri dell’Europa centrale già verso il 1000 a.C.
Questa lana scandinava sembra provenisse da pecore di una razza primitiva con peli lunghi e ruvidi. In realtà peli e lana non sono la stessa cosa.
La lana si distingue dal comune pelo animale per una maggiore elasticità. La composizione chimica della lana grezza è simile a quella del corno (cheratina) ma contiene circa il 40% di un grasso animale tipico (la lanolina).
La lana era largamente utilizzata da Greci e Romani. Questi ultimi selezionarono le razze importando qualità di pecore pregiate da Mileto in Asia Minore, dall’Attica, da Megara e da Taranto. Plinio classifica la lane in “molle” (lana morbida), “hirsutum” (lana ruvida dal pelo lungo) e “colonicum” (rustica). Quella ruvida era importata a Roma dalla Gallia.
La lana romana più pregiata era quella naturalmente bianca, poi c’era quella naturalmente nera dell’antica Apulia (lana di Canosa) e infine una qualità rossiccia dell’Asia Minore.
Altre lane erano naturalmente grigiastre o più o meno nere.
Nel medioevo la lana inglese era ritenuta il top di gamma ed era apprezzata in tutta Europa.
Attorno al 1200 la lana grezza inglese veniva esportata verso le grandi manifatture delle Friandre e dell’Italia ed essa non veniva classificata in ragione del tipo di pecora da cui veniva ricavata quanto piuttosto dalla regione geografica di origine.
La qualità delle lane continentali migliorò verso il 1400 arrivando a competere con quella inglese.
Ciò avvenne soprattutto in Spagna mentre le Fiandre e parte dell’Italia centrale (Firenze) restavano i luoghi più famosi per la sua lavorazione.
Si riteneva che per migliorare la qualità delle lane era necessario far accoppiare le pecore femmine (da cui si otteneva la qualità migliore) con montoni inglesi.
Per favorire la produzione nazionale per ben due volte, nel 1338 prima e poi nel 1425, l’Inghilterra proibì l’esportazione di montoni.
Prima di lavorare la lana greggia occorre pulirla e lavarla con la lisciva per eliminare sporcizia, residui terrosi e vegetali e soprattutto per eliminare il grasso naturale (lanolina) che la impregna.
Tra l’altro la lanolina al calore dell’animale irrancidisce con estrema facilità, con un effetto per l’olfatto davvero disgustoso. Viene da sorridere se si pensa che le migliori creme cosmetiche contengono lanolina (ovviamente purificata e additivata per impedirne l’irrancidimento a contatto con il calore della pelle umana).
La lana di tosa era separata da quella delle pelli, quella di pecore giovani da quelle di pecore vecchie e mescolare fra loro i vari tipi era considerato un reato non lieve.
La relativa inferiorità dei tessuti di lana inglese verso le qualità prodotte sul continente e in specie nella Toscana medievale, nonostante la superiore qualità delle lane di partenza, era dovuta alla mancanza di cura nella selezione da parte degli inglesi.
Dopo essere stata lavata ed asciugata, la lana veniva battuta con bastoni per eliminare del tutto le particelle estranee e separare le fibre fra di loro.
Quindi si procedeva a una oliatura e quindi alla cardatura e pettinatura. Il nome cardatura deriva dal cardo selvatico (vedi figura in basso) dato che all’inizio si usavano le teste del cardo selvatico o del cardone.
Verso l’inizio del trecento arrivarono i primi sistemi di cardatura metallica.
La pettinatura era un sistema alternativo alla cardatura ed era ancora più antico. Un testo italiano del ‘400 afferma che la lana, prima di essere pettinata, veniva spruzzata di acqua ed intrisa di olio. Quindi si scaldavano i pettini per agevolare lo scorrimento della lana fra i denti dei pettini.
Alla fine del trattamento la lana si presentava come un insieme di fibre lunghe (le corte restano attaccate al pettine) disposte tutte secondo la stessa direzione.
Nel Rinascimento e fino a poco prima della Rivoluzione Francese, il commercio della lana fu uno dei più importanti da un punto di vista economico.
Attorno al ‘500 l’incremento della specie di pecora merino in Spagna portarono a un decisivo miglioramento di qualità delle lane sui mercati e fra queste la lana spagnola era la più pregiata. Seguiva quella inglese. Quelle del Galles e dell’Irlanda erano scadenti e quelle scozzesi assai poco commerciate perché intrise del bitume naturale che i pastori spennellavano sulle pecore per ripararle dal maltempo.
Sempre per difendere la produzione interna su cui si riteneva poggiasse l’intera fortuna dell’Inghilterra dell’epoca, l’esportazione della lana inglese fu proibita per legge dal 1660 al 1825. Alla Camera dei Comuni i rappresentanti del popolo dovevano sedere su rozzi sacchi contenti lana per ricordare continuamente loro che tutta l’economia inglese poggiava su quella merce.
La meccanizzazione della manifattura della lana avvenne nel ‘700 ma per meccanizzare l’ultimo processo, quello della pettinatura, si dovette attendere l’800 della rivoluzione industriale. La meccanizzazione completa dei processi di produzione portò a un decisivo calo del prezzo della lana su tutti i mercati e la sua enorme diffusione fra tutti gli strati delle popolazioni europee.
La principale caratteristica microscopica delle fibre di lana, che permette di distinguerle dal normale pelo, è la struttura superficiale a scaglie che spiega le eccezionali proprietà feltranti di questa fibra.
Una fibra di lana consta di tre parti:
a) Il midollo centrale, che nelle specie più pregiate si distingue soltanto in prossimità della radice; b)
Il tessuto dell’epidermide, che forma la massa della fibra;
c) Lo strato più esterno di cellule piatte, cornee e tubulari, che formano le scaglie sovrapposte.
Le scaglie sono presenti in ragione di circa 100 – 120 per millimetro di fibra.
In genere si associa la lana alle pecore ma in realtà molti ungulati, sotto un mantello di peli, producono lana.
Le pecore domestiche producono solo lana ma alcune pecore di razze selvatiche producono anche un manto di pelo superficiale.
L’allevamento delle pecore per ricavarne lana risale al neolitico, ovvero a un periodo che parte dall’8000 a.C. circa e che è durato fino al 3500 a.C. ovvero inizia alla fine dell’ultima era glaciale.
La fibra della lana possiede un canale interno midollare in genere, e nelle migliori qualità, è privo di midollo.
Proprio la presenza di questo canale vuoto interno dà alla fibra della lana le sue migliori caratteristiche, sia di tipo passivo (grande resistenza termica) che attive (auto riscaldamento in presenza di umidità).Approfondiremo questo aspetto più avanti.
Il valore economico della lana è proporzionale al diametro delle fibre: più queste sono sottili, più la lana vale. Infatti sul diametro delle fibre, misurata con uno speciale microscopio, è basata la classificazione commerciale della lana.
La migliore qualità (Super Electa AAA) presenta un diametro medio compreso fra 15 e 16 micron (millesimi di millimetro). L’Electa (AA) uno di 17 – 19; la Prima (A) uno di 20 – 21; la Seconda (B) di 22 – 24; la Terza (C) di 25 – 26 e infine la Quarta (D) un diametro di 27 – 28 micron.
Anche il numero di ondulazioni della fibra è legata alla sua qualità commerciale: in questo caso più ondulazioni per centimetro di fibra ci sono, più essa vale.
La lana AAA ha circa 12 – 13 ondulazioni per centimetro, la qualità D invece circa 5 per centimetro.
La lunghezza della fibra, invece, è legata al suo uso finale: le fibre corte (da 2 a 15 centimetri) dette anche fibre da carda, si usano per soprabiti e coperte. Fibre più lunghe (oltre i 15 centimetri), dette anche lana da pettine, si impiegano per fabbricare tessuti rasati, gabardine, crespi, ecc.
La lana, a causa anche del suo canale interno vuoto, è assai igroscopica, ovvero assorbe umidità dall’ambiente circostante riesce ad assorbire fino al 25% in peso di umidità!
Questa caratteristica ne spiega una sua proprietà unica. Infatti l’umidità assorbita condensa sulla fibra e la condensazione provoca, per ragioni termodinamiche, il rilascio di calore da parte dell’acqua che condensa.
Questo calore passa alla lana che lo cede al corpo, riscaldandolo attivamente.
Quindi la lana “scalda” non soltanto perché impedisce con la sua resistenza termica, al calore del corpo di fuggire all’esterno ma perché, in virtù di questo fenomeno basato sulla sua altissima igroscopicità, lo produce direttamente prendendolo in prestito dal fenomeno della condensazione dell’umidità ambientale sulle sue fibre.
Questo è il motivo per cui materiali sintetici moderni, non sottoposti a particolarissime e modernissime lavorazioni, non possono competere con la lana in quanto a proprietà riscaldanti: perché la lana produce calore di per sé rubandolo all’aria umida!
Al fondo di questa proprietà c’è il fatto che le fibre di lana sono cave all’interno: questo permette non soltanto un maggiore isolamento termico ma anche un tenace assorbimento di umidità ambientale. Quando poi l’umidità assorbita evapora di nuovo, per esempio per esposizione a calore solare intenso, avviene il fenomeno opposto e la lana diventa rinfrescante, perché la termodinamica ci insegna che un corpo, evaporando, raffredda il substrato su cui poggia.
È il caso dell’acqua che evaporando raffredda la fibra di lana. I due fenomeni, di assorbimento e di evaporazione, sono però regolati da tempi assai differenti: cosicché mentre il rilascio di calore è veloce perché l’assorbimento è pressoché immediato, l’evaporazione e il conseguente raffrescamento sono più lenti, avvengono su scale temporali maggiori e quindi danno sensazioni di fresco più lente a partire ma più durature. Non è un caso che i beduini del deserto nord africano indossino mantelli e copricapo di lana…
Un’altra importante caratteristica della lana è il potere di infeltrimento, che dà origine a materiali come i feltri, un tempo assai usati per fabbricare cappelli impermeabili e rigidi ma che ancora oggi offrono interessanti e innovative soluzioni alle industrie tessili.
Questa caratteristica è dovuta al gran numero di scaglie presenti sulla superficie delle fibre della lana. Queste ultime, sotto l’azione di una forte pressione meccanica, in presenza di forte umidità e a volte di particolari sostanze, si saldano fra di loro in modo assai compatto, tale da formare un materiale impermeabile all’acqua, il cosiddetto feltro.