In bacche, come estratto naturale o come prodotto di sintesi chimica, il profumo di vaniglia ci accompagna dai tempi delle civiltà indigene americane.
Per sopportare le lunghe marce nella foresta tropicale, i guerrieri aztechi bevevano una cioccolata grassa che, in quel clima caldo, poteva facilmente irrancidire.
Per rallentarne la degradazione e stemperarne il sapore amaro, vi aggiungevano delle bacche di un’orchidea selvatica.
Avevano scoperto che la vaniglia non solo si accompagnava perfettamente al cacao, esaltandone l’aroma, ma ne proteggeva anche la freschezza.
Con il passare del tempo e trasferendosi a culture molto diverse, l’impiego della vaniglia si è esteso dal cioccolato, nel quale rimane tuttora un componente fondamentale, alle creme pasticcere e a gran parte dei dolci casalinghi.
La vaniglia è un’orchidea originaria dell’America centrale, la Vanilla planifolia Andrews della famiglia delle Orchidaceae.
La pianta, detta vanigliere, è una liana erbacea, robusta e rampicante, con fusto carnoso lungo fino a 10 – 15 metri.
Dalle ramificazioni di questo tronco cilindrico e verde scuro, precisamente dai nodi posti dietro alle singole foglie lucide, si sviluppano radici aeree che hanno lo scopo di assorbire l’umidità atmosferica, elevatissima nelle foreste amazzoniche, e di aderire ai supporti arborei su cui il rampicante può svilupparsi.
I fiori sono riuniti in racemi ed hanno sei petali giallo verdi di cui uno, chiamato labello, è giallo ed è ripiegato a forma di trombetta. Il frutto della vaniglia è un baccello o capsula cilindrica, carnoso, simile al fagiolo nostrano, e contiene molti semini nerastri e brillanti.
Dai baccelli immaturi, che vengono fatti essudare al sole tropicale per 10 – 20 giorni e poi essiccati per molti mesi, si sprigiona il caratteristico aroma profumatissimo che tutti conoscono.
Esso è dovuto alla vanillina, molecola prodotta all’interno del baccello ad opera di enzimi preesistenti che si attivano durante le fasi di essudazione ed essiccamento.
In particolare questi enzimi rompono i legami che, nel frutto, legano la vanillina al glucosio in una molecola più grande ma, curiosamente, inodore.
Per questo motivo né il fiore né il frutto della vaniglia manifestano il piacevolissimo profumo che si sviluppa invece solamente quando, durante l’essiccamento, questi enzimi spezzano il legame glucosidico, liberando la vanillina.
Tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, si riuscì a sintetizzare in laboratorio la molecola della vanillina, ovvero la molecola profumata, partendo dall’olio essenziale dei chiodi di garofano.
Oggi essa può essere ricavata ancora più facilmente partendo addirittura dalla lignina, il componente strutturale delle piante con fusto legnoso, presente nei cascami della lavorazione dei tronchi e rami di alberi destinati alla fabbricazione della carta.
Per i costi decisamente più bassi, questa è la fonte attualmente più utilizzata per produrre la vanillina sintetica.
Esistono infine derivati chimici della vanillina, come l’etil vanillina, che hanno un aroma ancora più intenso e che vengono utilizzate in molte preparazioni cosmetiche.
Nel cioccolato si usano abitualmente le bacche di vaniglia o l’estratto chimico (ovvero la vanillina estratta dalle bacche).
In alcuni casi si usa anche la vanillina sintetica o perfino l’etil vanillina.
Le bacche costano di più ma hanno anche un gusto migliore e più “completo”, l’estratto viene destinato o a cioccolati di minor valore o per aromatizzare dolci casalinghi.
In genere, se nei cioccolati si usano le bacche, ciò viene indicato in etichetta.
La vanillina estratta dai baccelli della pianta è legalmente identificata come “aroma naturale” mentre la vanillina sintetica è definita “aroma identico”, in quanto le sue molecole sono assolutamente indistinguibili da quelle di origine biologica.
L’etil-vanillina, che è invece un derivato chimico della vanillina, è definita invece “aroma artificiale”.
Esistono oltre 150 varietà di orchidee Vanilla, ma solamente due di esse posseggono l’aroma caratteristico: la Bourbon e la Tahiti.
La prima è originaria del Golfo del Messico. Quando cresce in Messico è detta anche Vaniglia del Messico, mentre quando cresce in altre regioni, come il Madagascar o l’Indonesia, è detta Bourbon, dal nome delle isole Bourbon, formate dal Madagascar, le isole Comore, le Reunion, le Seichelles e le Mauritius.
La qualità Bourbon è la più pregiata, specie se proveniente dal Madagascar e dalle isole Comore. La qualità messicana è molto simile ma l’aroma è appena meno intenso e ricorda vagamente l’odore del legno aromatico. La seconda, invece, cresce a Tahiti ed è di qualità leggermente inferiore, pur contenendo una maggiore quantità di olio essenziale di vanillina. L’aroma è più fruttato e floreale e può richiamare quello della liquirizia, delle ciliegie e di alcuni vini rossi. In generale la stessa pianta dà baccelli con aromi differenti a seconda del luogo di coltivazione, a causa della forte influenza del tipo di suolo e delle condizioni climatiche e meteorologiche sullo sviluppo della molecola profumata.
Gli agricoltori, forse esagerando un po’, affermano che addirittura 30 Km di distanza fra due piantagioni danno prodotti con aroma –e conseguentemente qualità e prezzo- differenti.
I baccelli migliori di vaniglia devono apparire untuosi al tatto e, naturalmente, sprigionare dopo essiccazione un aroma pieno ed intenso.
Al freddo i baccelli manifestano una proprietà particolare: sulla loro superficie la vanillina cristallizza sotto forma di aghi lucenti, tanto che questo esame visivo è il primo e più semplice metodo di analisi della qualità dei baccelli.
Le bacche di vaniglia poste in commercio, dopo il processo di essiccamento al sole o in forni particolari, si presentano come bastoncini lunghi 10 – 25 cm, spessi 1 – 1,5, di forma cilindrica o irregolarmente triangolare, alla base assottigliati e con un caratteristico arricciamento ad uncino.
Il frutto si apre nel senso della lunghezza e mostra piccoli semi lenticolari, bagnati di un succo vischioso e profumatissimo.
Il sapore, contrariamente a quanto ci si potrebbe attendere, è invece poco pronunciato e dolciastro.
La vaniglia contiene, come principi odorosi, oltre alla già menzionata vanillina, anche altre molecole, come un olio essenziale e volatile, gli acidi vanillico e piperonilico e altre sostanze ancora, tutte particolarmente odorose.
Contiene inoltre sostanze azotate, sostanze grasse, cerose, zuccherine, tannini, acido ossalico e malico, l’enzima ossidasi che permette durante l’essiccazione la rottura del legame glucidico che libera la vanillina, e varie sostanze minerali, fra cui predomina il manganese.
È interessante notare che non è la quantità assoluta di vanillina contenuta nelle bacche ad indicare la qualità più profumata, poiché l’aroma finale e complessivo è dato dall’insieme degli aromi di queste varie sostanze e dal loro rapporto relativo.
Questo spiega perché la vanillina artificiale, pur essendo assolutamente identica a quella contenuta nelle bacche, non riesce ad eguagliare l’azione aromatizzante di quella naturale.
Ed ecco perché, in ultima analisi, il cioccolato ottenuto a partire dalle bacche, piuttosto che dall’estratto o addirittura dalla vanillina sintetica, ha prezzo e qualità nettamente superiori.
Una sofisticazione tipica cui sono soggette le bacche di vaniglia è la seguente: si estraggono i componenti odorosi della bacca attraverso infusione in alcool o altro opportuno solvente che poi, evaporando, restituisce i principi odorosi.
Quindi si immergono i baccelli in una soluzione alcalina di acido benzoico i cui cristalli si depositano sulla superficie della bacca, producendo un’efflorescenza cristallina che imita quasi perfettamente quella della vanillina naturale.
Ma è possibile smascherare questa frode osservando con una semplice lente di ingrandimento i cristalli. Mentre infatti i cristalli di vanillina sono aghiformi e disposti perpendicolarmente al piano del baccello, come se fossero tanti microscopici spilli che spuntano da essa, i cristalli di acido benzoico sono piatti e romboidali ed appaiono adagiati sul tessuto vegetale.
In ogni caso, la mancanza di efflorescenza non è un indice di cattiva qualità, tanto che i pur ottimi baccelli messicani ne sono privi.
In ogni caso, se manca l’efflorescenza in baccelli che di solito la mostrano, un’analisi chimica per determinare il contenuto di vanillina è in grado di risolvere ogni dubbio. Il contenuto di vanillina nelle bacche di vaniglia varia infatti fra l’1 e il 4% (raramente arriva fino al 4,5%).
Contenuti molto più bassi fanno sospettare l’esistenza di una frode. Come dicevamo all’inizio, la vanillina esercita spiccate proprietà antiossidanti e questa proprietà è sfruttata nel cioccolato dove il burro di cacao è soggetto a irrancidimento naturale. Così si possono evitare antiossidanti artificiali.
Ma oltre all’aroma davvero piacevole e alla funzione antiossidante, la vanillina mostra anche un’attività stimolante che in passato veniva sfruttata nelle preparazioni galeniche.
In vecchi testi di merceologia si trova scritto che la vanillina stimola l’appetito, tonifica l’attività digestiva e fluidifica la secrezione biliare. In profumeria ha la caratteristica di fissare gli aromi e di addolcirne l’impronta e dunque viene impiegata in molte formulazioni di profumi e acque profumate.
Viene inoltre usata quale odorizzante o aroma coprente nell’industria della gomma, specialmente per la fabbricazione di oggetti destinati all’infanzia. Nella preparazione dei bagni chimici per la zincatura del ferro si aggiunge vanillina per dare brillantezza al metallo depositato.
La vanillina accelera l’ossidazione dell’olio di lino e quindi i processi essiccativi delle vernici che l’impiegano pertanto additivo accelerante.
Alcuni derivati chimici della vanillina, infine, hanno forti capacità insetticide e fungicide. Insomma, dal tempo degli aztechi, la vaniglia ne ha fatta di strada, ma sempre lasciando dietro di sé un profumo piacevolissimo e davvero inconfondibile.