Il motivo per cui la superficie di molti cibi cotti ad alta temperatura (al forno o per frittura) è più croccante, più scura e più appetitosa della parte interna è dovuto non soltanto alla caramellizzazione degli zuccheri ma soprattutto alla reazione di Maillard, cui partecipano zuccheri e aminoacidi.
Questa reazione, ma meglio sarebbe parlare di una serie complessa di molte reazioni collegate fra loro, è scoperta abbastanza recentemente e ad essa pare siano legati anche alcuni meccanismi che vanno sotto il nome biologico di “invecchiamento” che vanno ancora investigati.
Ma se non ancora sappiamo bene come funzioni all’interno di cellule viventi, ne sappiamo un po’ di più quando essa si manifesta durante la cottura di alcuni cibi.
La reazione di Maillard spiega abbastanza bene, per esempio, l’origine dell’aroma della birra o della fragranza del pane appena cotto o degli arrosti, delle patatine fritte o dei tanti dolci con il bianco d’uovo spennellato in superficie. Una reazione chimica davvero tuttofare in cucina!
È noto che molti cibi cotti al forno (come il pane e gli arrosti) ovvero panati e fritti come la nostrana cotoletta alla milanese o l’anglosassone fish & chips, hanno un aspetto, un profumo ed un gusto decisamente più appetitosi in superficie che non all’interno, che in genere appare meno saporito, di colore più pallido e di sapore più sfumato.
Quasi tutti, infatti, a parità di dentatura, preferiscono la crosta alla mollica e rubacchiano, appena possono, le patate, al forno o fritte, più dorate! Nel 1912 un chimico francese, di nome Louis Camille Maillard, riscaldando in provetta una soluzione acquosa di proteine e zuccheri, si accorse che il liquido in poco tempo diventava più scuro.
Era la prova che zuccheri e proteine, miscelati assieme e riscaldati, reagivano fra loro formando composti nuovi e differenti da quelli di partenza. Era una chimica tutta da scoprire.
Tuttavia dopo la scoperta, la reazione di Maillard -come ormai si definisce per brevità quello che dovremmo indicare come glicazione delle proteine- fu dimenticata per una trentina d’anni, come tante altre scoperte scientifiche che non trovano immediata applicazione.
Finché, durante la Seconda Guerra Mondiale, i soldati americani non cominciarono a lamentarsi che le loro uova in polvere, cui era stato aggiunto zucchero per aumentarne il potere nutritivo, si scurivano ed emanavano uno strano odore.
Nel decennio successivo si comprese che la responsabilità di questo sgradevole inconveniente era appunto la vecchia reazione di Maillard: le proteine dell’uovo, infatti, reagivano lentamente con gli zuccheri aggiunti, formando prodotti scuri e maleodoranti.
Così si cominciò a studiare questa reazione con impegno rinnovato e, stavolta, con il sostegno economico delle aziende che producevano uova in polvere. Insomma partì con qualcosa che puzzava e faceva letteralmente schifo… nessuno la collegava ai profumi più affascinanti di una cucina!
Studiando però si scoprì ben presto che durante la cottura della carne in un normale forno casalingo, scattava questa reazione che portava alla formazione di oltre seicento composti nuovi, che cioè non erano presenti nella carne cruda di partenza. Inoltre ci si rese conto che molti di questi nuovi composti erano proprio quelli responsabili del profumo dell’arrosto.
Così, passando dal coinvolgimento nella puzza delle uova zuccherate delle razioni militari dei militari della prima guerra mondiale al profumo della crosta dorata di un tacchino nel giorno del ringraziamento, la reazione di Maillard acquisì un prestigio e un interesse economico crescente.
Le aziende produttrici di alimenti drizzarono le orecchie e cominciarono a destinare fondi cospicui alla ricerca su questa nuova reazione chimica.
Si scoprì in questo modo che essa era responsabile non solamente del differente gusto della crosta del pane rispetto alla mollica, delle croste di arrosti, del gusto insuperabile delle patatine fritte o dei tanti cibi panati e fritti, ma anche del colore bruno delle birre scure, dell’aroma di semi tostati, come gli importantissimi caffè e cioccolato, del gusto dei roux ottenuti mescolando e riscaldando assieme il sugo degli arrosti con un po’ di farina…
Insomma una miniera di chimica si apriva davanti a quei primi esploratori. L’arte della cottura dei cibi diventava una scienza o, almeno, cominciava ad interessare un po’ di più uomini di scienza (e industrie).
Quella di Maillard è una delle reazioni chimiche più utilizzate (anche se non lo si sapeva) in cucina.
Abbiamo detto che essa scatta dalla reazione fra zuccheri e aminoacidi.
È dunque indispensabile che nell’alimento in cottura ci siano queste sostanze o almeno le sostanze da cui derivano, ovvero amidi o fecole da una parte e proteine dall’altra.
Negli arrosti di carne le proteine sono ovviamente quelle della carne stessa e gli zuccheri provengono in parte dal collagene (che forma il tessuto connettivo) che contiene circa l’uno percento di carboidrati, e in parte sono sostituiti da molecole molto simili agli zuccheri come le aldeidi e i chetoni, che sono prodotti dall’ossidazione dei grassi.
Nei cibi impanati e fritti, invece, invece, la reazione di Maillard avviene direttamente fra i componenti dell’impanatura: le proteine dell’uovo e gli zuccheri che si originano dalla demolizione delle lunghe catene di amido della farina.
Ricordiamoci che soltanto l’alta temperatura conseguente alla cottura scatena la reazione di Maillard in tempi brevi.
Altrimenti, per osservarla a temperatura ambiente (come per le uova dei soldati americani della prima guerra mondiale) servono giorni e giorni e in quel caso i prodotti di reazione non hanno un buon odore perché nella reazione prevalgono “vie” reattive differenti da quelle che scattano in tempi brevi e ad alta temperatura.
Certo è che la reazione di Maillard non è sempre conveniente e le industrie alimentari la studiano anche perché, in qualche caso, occorre limitarla o addirittura impedirla. Come nel caso dell’imbrunimento di alcuni alimenti in seguito a particolari tecniche di cottura o a tecniche di conservazione industriali.
Chi sceglierebbe un alimento a base di latte che si presentasse grigiastro o, peggio, marroncino?
Per esempio nella sterilizzazione del latte, se dovesse innescarsi la reazione di Maillard a causa delle alte temperature locali e della simultanea presenza di zuccheri (il lattosio) e di proteine, potrebbe provocare l’ingrigimento del latte e un sapore di cotto ovviamente da evitare.
Così, in questi casi, la sua conoscenza serve a limitarla più che a favorirla. Per avere un’idea di quanta chimica comprenda questa reazione, si pensi solo che ogni 3-4 anni, dal 1979, si tiene un Simposio cui partecipano chimici degli alimenti e scienziati di estrazione biomedica, dedicato esclusivamente a questa reazione.
Come dicevamo all’inizio, secondo studi recenti, la reazione di Maillard scatta anche all’interno degli organismi sempre ovviamente fra le proteine e gli zuccheri semplici ma a una temperatura più bassa di quella di una cottura ma più alta di quella ambiente.
Anche in questo caso, come sulle croste degli alimenti cotti, si formano composti scuri e rigidi, che però in questo caso, all’interno delle cellule viventi rappresentano un problema perché ostacolano l’elasticità dei tessuti, contribuendo a caratterizzare il loro invecchiamento.
La reazione di Maillard sarebbe dunque uno dei meccanismi che la natura mette in atto nel processo spontaneo di invecchiamento degli organismi biologici. Insomma, tirando un bel po’ per i capelli la faccenda, sembrerebbe quasi che, anche se molto lentamente, tutti noi finiremo panati e fritti! In ogni caso, e per nostra fortuna, la reazione di Maillard è molto più veloce a temperature superiori ai 100 gradi. Se consideriamo che i prodotti che cuciniamo al forno, specie se di grandi dimensioni (arrosti, pagnotte di pane, ecc.) difficilmente raggiungono al loro interno temperature del genere, laddove facilmente le superano in superficie, possiamo capire perché le famose “croste” siano chimicamente differenti dall’interno.
Nelle croste infatti parte la reazione di Maillard che produce sostanze più scure e più aromatiche, mentre all’interno essa praticamente non ha luogo, a meno di… bruciare l’arrosto! I prodotti della reazione di Maillard, se da una parte sono responsabili di molte qualità positive che aumentano l’appetibilità dei cibi cotti ad alta temperatura, dall’altra sembra possano causare anche ridotto assorbimento degli aminoacidi e quindi potrebbero abbassare il valore nutritivo degli alimenti.
Inoltre questa reazione, o meglio la catena di reazioni che si riuniscono sotto il suo nome, indurisce gli alimenti e ne peggiora di conseguenza la digeribilità.
Sembrerebbe che dunque, fatti i debiti aggiustamenti, la reazione di Maillard possa aiutare a capire perché, come diceva P.G. Wodehouse, tutto ciò che c’è di piacevole nella vita o è illegale, o è immorale o fa ingrassare.
Se pensiamo che alla reazione di Maillard è dovuto l’aroma del caffè, il profumo e buona parte del gusto del cioccolato, l’odore fragrante dell’orzo tostato o quello del pane o dei biscotti appena sfornati, comprendiamo come essa vada invece molto spesso favorita. Il vecchio trucco di spennellare su biscotti e torte, ricche degli amidi da cui si originano gli zuccheri, un po’ di chiara d’uovo, costituita praticamente da sole proteine, ha infatti lo scopo di favorire la reazione di Maillard e la conseguente formazione di una piacevole crosta lucida, croccante e soprattutto fragrante che, con il suo solo sapre innesca le reazioni digestive…
L’aminoacido che reagisce meglio con gli zuccheri semplici nella reazione di Maillard, è la lisina, mentre la cisteina è meno propensa a reagire. Pertanto cibi ricchi di lisina, come il latte, funzioneranno molto bene con questa reazione.
Ecco perché spesso in cucina si usa il latte al posto dell’acqua e in molte ricette alla farina si aggiunge latte piuttosto che semplice acqua. Impastare infatti la farina con il latte o i suoi derivati (il burro, per esempio) ovvero cospargere di formaggio grattugiato la pasta da infornare (ricca dell’amido da cui derivano gli zuccheri), è un vecchio ma efficacissimo modo per innescare questa reazione e ottenere così croste dorate e profumate.
Non per niente i ghiottoni, davanti a una teglia di pasta al forno o di sformato di patate, cercano sempre di accaparrarsi le parti superiori, quelle abbrustolite e ricche di composti di Maillard.
Se invece si cerca di ostacolare la reazione di Maillard, occorre eliminare uno dei due reattivi: le proteine dagli alimenti ricchi di zuccheri e gli zuccheri da quelli ricchi di proteine. Poiché, inoltre, durante la reazione di Maillard si produce acqua, la reazione stessa sarà favorita in ambienti secchi e sfavorita in ambienti umidi. Un’altra ragione per cui, in genere, gli alimenti bolliti sono generalmente meno saporiti ed appetibili di quelli fritti o cotti al forno o alla brace.
Anche l’acidità (e quindi, per esempio, l’aggiunta di succo di limone o di un po’ di aceto prima o durante la cottura) influenza la reazione di Maillard, favorendo certi sottoprodotti o altri, con conseguenze decisive sull’aspetto e sull’aroma finali.
Alcuni prodotti della reazione di Maillard hanno forti capacità antiossidanti e questo permette all’industria alimentare di evitare l’uso di antiossidanti aggiunti o perlomeno di diminuirne la quantità. Ecco (anche) perché i biscotti si conservano naturalmente meglio di prodotti che hanno subito cotture più moderate.
Tuttavia dobbiamo menzionare il fatto che, in determinate condizioni, alcuni prodotti intermedi della reazione di Maillard possono reagire fra loro, producendo una molecola, l’acrilammide, che abbiamo incontrato parlando di frittura in oli e grassi e che è certamente tossica.
Perché con la reazione di Maillard si formi l’acroleina pare sia fondamentale la presenza di particolari aminoacidi e quindi di particolari proteine che li contengono e sono in corso studi molto estesi ed approfonditi per poter impedire o almeno limitare la formazione di acrilammide senza per questo rinunciare agli altri appetitosi vantaggi della reazione di Maillard.