Esistono lieviti naturali e lieviti artificiali o “chimici” ma in ogni caso la loro finalità è la stessa: devono formare, al momento giusto e non subito, ulteriori bolle d’aria all’interno dell’impasto, bolle molto più grandi di quelle che l’impasto meccanico ha cacciato dentro la rete di glutine.
Il lievito naturale “mangia” letteralmente gli zuccheri derivanti dalla rottura delle lunghe catene amidacee dell’impasto e produce, come sottoprodotto digestivo (il lievito è vivo e quindi ha un suo metabolismo) alcool etilico (sì, proprio quello dei superalcolici!) e anidride carbonica.
Quest’ultima, come noto, è un gas e quindi rigonfia l’impasto gonfiando le bolle al suo interno.
La reputazione dell’anidride carbonica viene messa costantemente sotto tiro in questi ultimi tempi, per via del suo accumulo dovuto alla combustione di materiali fossili ma il suo ruolo nel ciclo di vita è fondamentale.
Già avevamo visto che la luce solare produce all’interno dei cloroplasti, con la fantasmagorica e complicatissima (e non ancora del tutto compresa) serie di reazioni che vanno sotto il nome di fotosintesi clorofilliana, glucosio e anidride carbonica.
Qui vediamo come l’anidride carbonica è un ingrediente necessario anche per fare il pane: senza di esso mangeremmo gallette o biscotti ma non avremmo idea della morbida e soffice mollica su cui adagiare qualche fetta di com…panatico.
Questo gas e anche l’alcool etilico, spariscono durante la cottura: l’anidride carbonica, essendo un gas, alle alte temperature del forno fuoriesce attraverso l’impasto prima ancora che si formi la crosta, mentre l’alcool etilico, che è liquido, a 78 °C evapora, anche lui prima che si formi la crosta dura in superficie.
Ma le cavità delle bolle di anidride carbonica, che restano impigliate come le primissime e più piccole bolle d’aria dell’impasto iniziale nella rete del glutine, restano lì, con le pareti indurite dalla cottura: piccole cavità che, man mano che escono dall’impasto l’anidride carbonica e l’alcool etilico, si riempiono di normale aria.
Anche i lieviti “chimici”, che vengono aggiunti in aiuto di quelli naturali ma mai in loro completa sostituzione, hanno la stessa funzione: aumentare la quantità di bolle di gas nell’impasto.
I lieviti chimici, con il primissimo riscaldamento, producono ammoniaca, un gas che rigonfia il pane esattamente come l’anidride carbonica del lievito naturale e che poi, appena la temperatura sale, fuoriesce attraverso la superficie non ancora indurita in crosta.
Anche in questo caso le cavità che nel frattempo si induriscono in forma di bolle permanenti, vengono riempite dall’aria.
Se a volte, passando vicino a un forno, avvertite un forte odore di ammoniaca, non vi preoccupate, lì dentro stanno panificando e dal camino del forno esce l’ammoniaca che ha dato la forma alla mollica che mangerete domani!
Il lievito ha due funzioni fondamentali: da una parte digerisce (per noi) l’amido già gelatinizzato durante l’impasto (vedi capitolo precedente), trasformandolo in spezzoni più corti di glucosio (destrine) e dall’altra produce una grande quantità di bolle di anidride carbonica.
Esistono anche pani ottenuti senza lievito, i cosiddetti pani “azzimi”, sottili, non rigonfiati perché mancanti della struttura a bolle dell’anidride carbonica e meno digeribili perché l’amido, senza il lievito, non si è trasformato nelle più digeribili (e dolci) destrine.
Esistono diversi tipi di lieviti naturali ed esulerebbe dai limiti di questo libro approfondirne l’esame. Possiamo solo dire che ci sono quelli cosiddetti di birra e altri detti acidi (la cui attività è molto più lenta).
I loro metabolismi sono differenti e quindi danno origine a sostanze diverse e, in definitiva, a pani con caratteristiche composizionali e quindi organolettiche differenti.
I lieviti sono organismi viventi e “funzionano” utilizzando una serie di enzimi che fanno cose che il nostro stomaco non è in grado di fare o che farebbe con rese minori.
Il loro impiego, in definitiva, consiste in un aiuto importante alla successiva fase digestiva nei confronti del glucosio, che è la vera miniera energetica di ogni pezzo di pane.
Essi, uniti alla gelatinizzazione che avviene nell’impasto e alla successiva cottura nel forno, rendono digeribile l’amido della farina.