La degradazione dell’amido del riso ne causa ovviamente, per la ricomparsa di strutture cristalline, una diminuzione di digeribilità.
Nel pane succede la stessa cosa: con il tempo l’acqua contenuta all’interno del pane va verso l’esterno ed evapora. In queste condizioni l’amilosio si ristruttura in cristalli e il pane diventa “raffermo”.
Fortunatamente la retrogradazione dell’amido dipende molto dalla temperatura.
Nel pane, per esempio, è massima attorno ai 3 °C e si blocca a temperature molto basse (motivo per cui si può conservare il pane congelato per parecchio tempo nel freezer).
Ma a temperature alte si inverte e di nuovo si rompe la rigida struttura cristallina dell’amilosio.
È quello che succede quando mettiamo il pane raffermo nel forno: meglio ancora se lo inumidiamo appena sulla crosta per facilitare una nuova, parziale, gelatinizzazione dell’amilosio.
Ma torniamo alla cottura dell’amido per bollitura: con essa si passa da uno stato molto cristallino (nel riso crudo o nella farina cruda) a uno stato amorfo (nel riso cotto, nella pasta cotta o nel pane “fresco”) che però con il tempo tende a lentamente a ricristallizzare riassumendo caratteristiche almeno parziali di quando era crudo.
Con la ulteriore “ricottura” in forno (per il pane raffermo) o in pentola con un po’ d’acqua (per la pasta o il riso “vecchi”) ecco che di nuovo si ha un una parziale gelatinizzazione dell’amido e si torna a uno stato semi – amorfo e semi - cristallino. Insomma è una questione di rapporti percentuali fra stato amorfo e stato cristallino e molto dipende dal rapporto percentuale fra amilosio e amilopectina nell’amido di partenza.
Nel caso del riso, per esempio, si cerca di avere chicchi fatti quasi esclusivamente di amilopectina, in modo che “tengano” meglio la cottura, essendo questo polimero ramificato più difficile da “srotolare” dell’amilosio.
Se però, malauguratamente, vi capita di dimenticarvi il vostro riso o la pasta a bollire, oltre il “giusto” punto di gelatinizzazione, un trucco chimico per recuperare almeno in parte il guaio è aggiungere all’acqua un po’ di succo di limone, ovvero un acido debole.
L’acidità infatti ostacola la dissoluzione dei grani di amido: è un vero nemico della gelatinizzazione.
La pasta rimarrà così più al dente e meno scivolosa al tatto... ma saprà un po’ di limone! Una volta mangiato, l’amido gelatinizzato del pane, della pasta o del riso viene risolto nelle molecole di glucosio.
Queste vengono quindi messe in circolo nel sangue per essere trasportate nelle singole cellule, che così ottengono il loro pieno di carburante.
Ma troppo glucosio nel sangue non è una buona cosa (si chiama glicemia) e il fegato, il grande laboratorio chimico del nostro organismo, provvede immediatamente a risolvere il problema, trasformando il glucosio in eccesso in glicogeno, un nuovo e diverso polimero di glucosio che però non dà i sintomi della glicemia e che viene conservato per i momenti di bisogno.