Quando non c’erano ancora le finestre con i doppi vetri, poteva capitare uno strano fenomeno che avrà certamente incuriosito qualcuno. A volte, quando fuori passava un autobus a una certa velocità o un camion frenava in un certo modo o ancora una motocicletta accelerava all’improvviso, ecco che il vetro di una certa finestra di casa cominciava a vibrare.
Il bello era che vibrava sempre allo stesso modo e sempre quando fuori succedeva una certa cosa: l’autobus, la motocicletta o altro in precise condizioni di frenata o di accelerazione o di passaggio a una certa velocità, mentre quella particolare vibrazione del vetro nella finestra non accadeva in nessun altro caso. Una specie di mistero.
I fisici dicono semplicemente che la finestra entra in risonanza e con una particolare vibrazione esterna, esattamente la vibrazione che ha una lunghezza d’onda pari alla distanza fra quel vetro e la sua intelaiatura di legno.
Tutte le volte che fuori l’aria viene indotta a vibrare a quella precisa frequenza, a causa del passaggio di qualche camion, motocicletta eccetera, ecco allora che la finestra “risuona”, entrando in accoppiamento acustico con quella frequenza e si mette lei pure a vibrare in quel modo.
Se la frequenza ha una lunghezza d’onda diversa da quella esistente fra vetro e intelaiatura di legno, il vetro semplicemente non risponde a questa sollecitazione e non si mette a vibrare: la vibrazione lo attraversa senza che esso possa “rispondere” o, per dirla meglio, che entri in risonanza con essa.
La risonanza è un fenomeno molto diffuso in natura e viene splendidamente sfruttato in quella meraviglia della tecnologia che è il forno a microonde.
Per capire come funziona un forno a microonde e come cuoce i cibi, bisogna partire dalla considerazione che quella cosa che chiamiamo temperatura, altro non è che la misura di quanto velocemente si muovano atomi e molecole che compongono la materia di cui stiamo, appunto, misurando la temperatura. Più velocemente si muovono, maggiore è la temperatura.
Ora, se noi immaginiamo un gas, le cose sono davvero molto semplici: il gas è formato da tante molecole isolate fra di loro che quindi si muovono come palline libere nello spazio, sbattendo continuamente fra di loro e sulle pareti del contenitore.
Maggiore è la temperatura, maggiore è la loro velocità. Tanto per avere un’idea della relazione fra velocità e temperatura, possiamo dire che in un gas come l’aria, a 20 °C le molecole si muovono a una velocità di circa 1.550 Km all’ora (circa il doppio della velocità di un aereo passeggeri), mentre se portiamo la temperatura dell’aria a 200 °C, come in un qualsiasi forno tradizionale, la velocità delle molecole sale a circa 1.970 Km all’ora, diverse centinaia di chilometri all’ora più veloce della velocità del suono! Non male per quella che spesso chiamiamo aria stantia…
Ma il mondo –e soprattutto quello che mangiamo!- non è fatto d’aria… e quindi il modellino della palline che si muovono liberamente non va bene.
Nei liquidi e nei solidi, le molecole sono legate fra di loro da legami chimici che si comportano come molle: se cerchi di allontanare due atomi legati fra di loro da un legame chimico, queste due “palline” offrono una resistenza che aumenta man mano che cerchi di allontanarle e poi, a un certo punto, la molla si spezza e, oplà, abbiamo spezzato quel particolare legame (e gli atomi separati o i gruppi di atomi che abbiamo separato se ne possono andare via a legarsi ad altri atomi o gruppi di molecole).
Ma cosa succede allora quando aumenta la temperatura in un solido? Succede che le sue molecole, che possiamo ora rappresentare come palline legate fra di loro da queste molle, cominciano a vibrare più velocemente, attaccate alle loro molle di legame.
Più scaldi, più rapidamente vibrano le molecole. Se si esagera e si fa salire troppo la temperatura, ecco che qualche molla si spezza e le palline (ops: le molecole) se ne vanno via come gas.
È proprio quello che capita quando un alimento troppo caldo comincia a fumare. In questo caso parte delle molecole o di singoli atomi si stacca dall’insieme solido e se ne va sotto forma di gas o vapore, dando origine, tra l’altro all’odore del cibo in cottura.
L’odore di un cibo, come di qualunque altra cosa è infatti semplicemente l’effetto di questi vapori sulle nostre cellule olfattive.
Ma torniamo al nostro alimento solido che vogliamo scaldare. Abbiamo detto che al suo interno le molecole, legate da molle, vibrano sempre più velocemente più si aumenta la temperatura. In effetti qualcuna vibra isolatamente, altre vibrano in gruppi, alcune si stirano, altre oscillano come pendolini e così via.
Ogni molla che lega le molecole ha una sua particolare frequenza di vibrazione, che dipende dalla massa delle molecole legate e dalla forza di quel legame (dallo spessore della molle, se vogliamo continuare nel paragone meccanico della molla). Uno spettacolo fantastico, non c’è dubbio. Chi mai avrebbe pensato a un pollo arrosto o a una torta ancora cruda (ma anche a vostro marito o a vostra suocera) come a un’infinita serie di palline che vibrano ciascuna con una sua frequenza, in gruppi più o meno numerosi?
Ma cosa c’entra tutto questo con il nostro microonde? Ricordate la risonanza della finestra? Bene, con il microonde si verifica appunto quel fenomeno di risonanza che faceva vibrare le vecchie finestre al passaggio di un particolare camion per strada.
Il microonde è una macchinetta che emette onde radio a una ben definita frequenza, guarda caso proprio la frequenza di vibrazione delle molecole d’acqua.
Se dentro il microonde mettiamo un alimento che al suo interno contiene acqua (praticamente tutti) ecco che queste molecole d’acqua (attenzione: non solo quelle che si trovano in superficie ma proprio tutte!), cominciano a vibrare alla loro frequenza specifica, perché entrano in risonanza con la frequenza delle onde radio prodotte dal cuore del microonde.
Quando scaldiamo un cibo, con qualsiasi sistema, con una fiamma, buttandolo in acqua calda o nell’olio bollente, non facciamo che trasferire il movimento del gas caldo (nel caso della fiamma diretta), delle molecole d’acqua o dell’olio bollente alle molecole del nostro alimento. In questi casi, ovviamente, le più molecole più esposte sono quelle esterne, quelle in contatto fisico con le molecole più agitate (o più calde, che è lo stesso) del mezzo con cui le stiamo riscaldando.
Non è infatti un caso che con la cottura tradizionale l’esterno degli alimenti cotti sia differente dall’interno, perché la cottura avviene a temperature più alte.
Ma torniamo al nostro riscaldamento: se ci limitiamo a un blando trattamento, avremo messo in vibrazione le molecole del nostro cibo.
Ma cuocere è un’altra cosa. Cuocere significa far vibrare così decisamente le nostre molecole alimentari che molte “palline” si spezzano e cominciano a reagire fra di loro, formando nuovi legami (e sostanze), cambiando così struttura all’alimento stesso.
E infatti un cibo cotto è una cosa fisicamente molto diversa da un cibo crudo. Nel caso del microonde, facciamo vibrare soltanto le molecole d’acqua contenute nell’alimento ma stavolta dovunque esse si trovino, in superficie ma anche in profondità.
Ecco perché quando si scalda al microonde un croissant al miele lo si può prendere tranquillamente in mano, perché fuori non scotta (l’esterno di un croissant è praticamente secco, non ci sono molecole d’acqua e niente entra in vibrazione con le frequenze offerte dall’apparecchio) ma poi quando lo si mette in bocca si rischia di ustionarsi la lingua perché il miele all’interno, ricco di acqua, ha vibrato parecchio e quindi si è riscaldato…
Il microonde sembrerebbe dunque ideale per riscaldare cibi freddi già cotti o bevande che preferiamo bere tiepide o calde.
Ed infatti questo è un suo uso abbastanza tipico.
Gli alimenti ricchi di acqua, messi al microonde in pratica vengono bolliti dall’interno, senza che si inneschino fenomeni di diffusione di sali nell’acqua esterna di bollitura e così, in genere, risultano più saporiti: carne, pesce, verdure, al microonde vengono cotti facendoli praticamente bollire nella loro stessa acqua interna.
Ma cosa sono queste onde che fanno vibrare le molecole d’acqua o, per essere appena più precisi, che fanno muovere gli atomi di idrogeno come pendolini impazziti attorno al loro atomo di ossigeno (la formula dell’acqua, come sapete, è di due atomi di idrogeno attaccati a un atomo di ossigeno, ovvero H2O)?
Si tratta di onde elettromagnetiche, come quelle che formano la luce che vediamo con i nostri occhi (nelle nostre retine ci sono dei recettori sensibili a queste onde elettromagnetiche, i fotorecettori) o quelle che trasportano le informazioni che poi gli apparecchi televisivi trasformano in immagini e suoni, che gli apparecchi radio(riceventi) trasformano in suoni, che i telefonini trasformano in tutto quello che una mente malata può ormai immaginare…
Le onde degli apparecchi a microonde sono tarati, come abbiamo visto, su una particolare frequenza, quella che i chimici chiamano di “bending” dei legami idrogeno – ossigeno, che si trova nel range dei 2,45 GHz e che fanno risuonare tutte le molecole di acqua presenti all’interno di un alimento.
Questo spiega egregiamente anche perché nel microonde sostanze che non contengono acqua, come piatti di porcellana o di vetro, non si scaldano per niente ma anche perché è sconsigliabile mettere in un microonde acceso un uovo crudo: l’acqua al suo interno bollirebbe, evaporerebbe in vapore e farebbe esplodere il guscio schizzando tuorlo e albume, più crudi che cotti, tutt’intorno!
La cottura al microonde, dunque, si differenzia dall’arrostimento perché il cibo non viene in contatto con l’aria rovente (e altre sostanze aromatiche) proveniente dalla combustione del legno o della carbonella, né con il fondo di un tegame che raggiunge temperature elevatissime, creando quella differenza di cottura tipica negli arrosti: cotti fuori e più crudi dentro.
Ma è molto differente anche da cotture in acqua (bolliture) o in olio (fritture) dove la superficie dell’alimento –solo quella!- viene posta in intimo contatto con altre sostanze (acqua e olio) che interagiscono con esso in maniera importante durante il processo di cottura, determinandone i risultati.
Nel forno a microonde, invece, il riscaldamento dell’alimento è omogeneo in tutta la sua massa e non solo in superficie, a condizione che esso contenga una certa quantità di acqua.
Ovviamente cuocere non è solo riscaldare, anche se con il microonde spesso ci si limita soltanto a questo effetto fisico.
Se le molecole d’acqua interne vibrano all’impazzata, finiranno per trasferire il loro movimento anche ai legami più vicini e con un po’ di tempo l’intero cibo raggiungerà la loro temperatura e, se questa è sufficientemente alta, si darà origine a tutte quelle reazioni tipiche della cottura: rottura delle catene proteiche (denaturazione), rottura delle catene dell’amido, con formazione di sostanze zuccherine, gelificazione del collagene delle carni e così via.
Non si riusciranno invece ad innescare quelle reazioni che necessitano di temperature maggiori di 100 °C, come d’altra parte nella bollitura tradizionale, come per esempio le reazioni di Maillard o la caramellizzazione degli zuccheri.
Insomma nel microonde le croste dorate ve le scordate. In ogni caso, quando riscaldate semplicemente un croissant alla crema nel microonde che in mano sembra freddo… attenti alla lingua!